De Silvestri: "Voglio raggiungere le 100 presenze in rossoblù"
Le parole di Lorenzo De Silvestri in una lunga intervista rilasciata a la Repubblica
Lorenzo De Silvestri in questi anni si è conquistato la piazza di Bologna, non solo per le prestazioni sul campo, ma anche per la sua personalità e importanza all'interno dello spogliatoio rossoblù. Un uomo prima di un calciatore, che quest'anno ricoprirà il ruolo di vice Posch, con la solidità che lo contraddistingue. Ecco le sue parole rilasciate a la Repubblica.
Sul suo maestro: “Delio Rossi è il primo che ha creduto in me. Alla Lazio mi dedicava mezz’ora dopo ogni allenamento, perché non sapevo stare in campo. Ricordo ancora il suo “ragazzino vieni qua!”. Una volta mi vide scocciato: “Comincia a preoccuparti quando non ti calcolerò più”, mi disse. Grande insegnamento”.
Su Mihajlovic: “Due volte l’ho trovato, due volte mi ha scelto lui. Ha accompagnato la mia carriera dai 21 ai 34 anni. Ti insegnava ad affrontare i problemi, a prenderli di petto. Alla Samp mi stavo un po’ perdendo, stavo mandando all’aria la carriera cercando alibi. Con lui ho capito che non sono gli altri a crearti problemi, ma solo te stesso”.
Sulla morte di Sinisa: “Questa squadra è cresciuta tanto a livello umano anche per questo. Penso che quando saremo vecchi e decrepiti rimarremo legati nel ricordo di quello che abbiamo vissuto con lui. Sono orgoglioso di far parte del Bologna anche per Sinisa”.
Sull'essersi abbassato l'ingaggio per rimanere a Bologna: “Amo l’ambiente, il club, la città. Ho un obiettivo immediato, le 100 presenze in rossoblù (ora sono a 80) e uno a lungo termine, magari in società, per dare una mano ai giovani a crescere”.
Sugli obiettivi fuori dal calcio: “Far crescere la famiglia con mia moglie Carlotta, ricercatrice oncologica al Sant’Orsola. È una donna straordinaria, grazie a lei sono diventato testimonial per l’Associazione per la Ricerca sul cancro”.
Sulla passione per l'arte: “Mia madre mi portava a vedere musei e collezioni. Mi sono appassionato all’arte del secondo dopoguerra. Amo la cosiddetta Arte povera: Pistoletto, Boetti, Kounellis. E poi adoro Burri, l’uso che fa dei materiali, la sua matericità inconfondibile”.
Sulla passione che si vive a Bologna: “C’è un gruppo di cui andare fieri. Quando si arriva qui c’è una filosofia precisa, che capiscono tutti, stranieri e non. E Motta è bravo a parlare e a confrontarsi con tutti, lasciando poi le giuste libertà nel rispetto della disciplina”.
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