Il Bologna deve ripartire da Vignato: nella prossima stagione l'italo-brasiliano merita più fiducia
Il pareggio contro la Fiorentina porta le firme Palacio e Vignato. Ma è il giovane italo-brasiliano il vero protagonista
Allora, mettiamola così. Da una parte c’è la tripletta di Rodrigo Palacio versione Cialis, dall’altra le magie di Emanuel Vignato, uscito dal bozzolo per miracol mostrare. Di qua il presente, che è già passato. Di là il futuro, che non è ancora arrivato. Buffo, no? Il Bologna sta nel mezzo, indeciso sul da farsi. Archiviato il pirotecnico 3-3 con la Fiorentina (quando una partita finisce 3-3 se non la definisci pirotecnica ti tolgono il tesserino all’Ordine dei Giornalisti), negli occhi restano i colpi di un 39enne innescati dal talento di un 20enne. Uno ha finito - sta finendo - una prestigiosa carriera, l’altro sta dando le prime pennellate al quadro. Palacio, dunque. Bene, bravo, tris. Ma è finita là. Di gol fino a domenica El Trenza ne aveva fatto uno, a settembre 2020. Quello con la Fiorentina è stato un colpo di coda di un vecchio campione, ma rimarrà tale, come è giusto che sia. Già la scorsa estate la dirigenza - sbagliando - ritenne che il contributo realizzativo di Palacio potesse essere utile alla causa. Non è andata così. E chissà con un centravanti degno di questo nome - facciamo Vlahovic? - quanti punti in più avrebbe oggi il Bologna. Ma concentrarsi sull’exploit di Palacio significa sbagliare bersaglio. Domenica al Dall’Ara il palcoscenico se l’è preso Emanuel Vignato, che a vederlo così - gracile, leggerino, quasi intimidito - sembra un intruso, uno capitato nel posto sbagliato, un nerd che entra in una palestra dove svariati tamarri stanno esibendo muscoli oliati e si mette in un angolo, aspettando il suo turno. Tre assist per lui. Uno diverso dall’altro, uno più bello dell’altro. Come se avesse un navigatore incorporato che gli indicasse sempre la direzione giusta. Di Vignato ci ha stupito la naturalezza del gesto - ok, ci sta, il talento è nel dna - ma anche la personalità nel provare certe soluzioni, e questa sì è una dote preziosa. Il suo ruolo - trequartista - solo in apparenza appartiene ad un vecchio calcio, ma è quanto mai moderno nell’interpretazione, a dimostrazione - se mai ce ne fosse ancora bisogno - che le formulette e i moduli sono aria fritta, conta come si sta in campo. Vignato, dunque. Tre assist, tre promesse di felicità, tre messaggi in bottiglia, tre modi per dire: ci sono anch’io. Ora Mihajlovic si stupisce del fatto che Vignato non sia nel giro dell’Under 21, ma forse lo si deve ad un utilizzo con il contagocce: certo sono 27 le apparizioni complessive, ma solo 937 i minuti giocati e 8 le volte in cui Vignato è sceso in campo da titolare. Prima della sfida con la Fiorentina - per dire - l’ultima partita in cui era sceso in campo dall'inizio risaliva all'inizio di gennaio (il 9) contro il Genoa, fanno quattro mesi fa. Chiaro che il C.T. Nicolato faccia altre scelte e privilegi ragazzi che giocano con maggiore continuità. Ma ci sarà tempo per tutto. Vignato sembra davvero un predestinato, il futuro gli è amico. A patto che il Bologna riparta da lui. A patto che nella prossima stagione gli si dia fiducia. A patto che che i dirigenti non decidano - hai visto mai - di cederlo. A patto che qualcuno in società non pensi che in fondo un Palacio così ci farebbe ancora comodo, sì, certo, in panchina però, da jolly part-time, in smart-working e grazie per tutto quello che ha dato, tripletta compresa, ma sappiamo tutti che il futuro va in una sola direzione, non si volta mai indietro.