Dal Bologna di Saputo era lecito aspettarsi più di una squadra seduta sull’aura mediocrità della Serie A
Il Bologna ha trovato la propria dimensione: l'aura mediocrità della A. Il salto di qualità è rimandato a data da destinarsi
Il 12° posto finale del Bologna fotografa perfettamente lo status di una società che ha trovato la propria dimensione. Il cuscino sopra cui sedersi è l’aura mediocrità della Serie A - lì dove non si rischia ma nemmeno si sogna.
Il Bologna è questo, per fortuna o purtroppo (dipende dai punti di vista).
La stagione divisa in due parti si è chiusa con una salvezza raggiunta anzitempo e mai messa in discussione. Senza ironia, riteniamo che sia un risultato onesto, in linea con le aspettative. Se invece valutiamo il percorso fatto dal Bologna made in Saputo in questi anni, diciamo che era lecito aspettarsi qualcosa in più e che il salto di qualità è stato ancora rimandato a data da destinarsi.
L’Europa - individuata come traguardo raggiungibile in cinque anni - è ancora un approdo lontano, dai contorni sfumati. Brutalmente: questo Bologna non è pronto per l’Europa.
Nell’era Saputo sono arrivate - dopo la promozione - tre salvezze (14°, 15° e 15° posto con Donadoni), un campionato partito sciaguratamente e poi chiuso in maniera entusiasmante (10° posto, prima Inzaghi e poi Mihajlovic) e infine una stagione di assestamento, tra fuochi fatui, qualche bel colpo (le vittorie esterne a Napoli, Roma e a San Siro contro l’Inter) e molto traccheggiare nel mare della tranquillità. Va ricordato che delle ultime 8 partite il Bologna ne ha vinta una soltanto (col Lecce al fotofinish), a conferma di una squadra che si fa bastare quello che ha in tavola, senza chiedere il menù per osare di più.
Le squadre che hanno chiuso il campionato davanti ai rossoblù sono - palesemente - più forti. Tolte le prime sette, che si sono spartite Champions e Europa League esattamente come l’anno scorso (l’unica anomalia era il Torino, incappato quest’anno in una stagione maldestra); più forte del Bologna è il Sassuolo - forse l’unica squadra (per potenza di fuoco societaria e per qualità dell’organico) che può davvero pensare di programmare l’Europa l’anno prossimo, più forte è il Parma (che ha migliorato di 8 punti la classifica dell’anno scorso, il Bologna chiude invece con un +3), più forte è stato il Verona neopromosso in A e vera sorpresa del campionato e persino la Fiorentina (+8 anche per i Viola rispetto all’anno scorso).
Rispetto all’anno scorso cambia poco, il Bologna ha vinto una partita in più e ne ha persa una in meno, è una squadra che paga i limiti di una difesa inadeguata (65 gol subiti sono un’enormità), si gode Barrow, è lui la vera rivelazione, aspetta che Orsolini trovi continuità e che Dominguez trovi confidenza col nostro calcio, ha trovato in Soriano un signor trequartista e in Tomiyasu un terzino affidabile, si aggrappa ancora ai guizzi del 38enne Palacio (non è un buon segnale in prospettiva futura), è zavorrato da qualche giocatore decorativo (Denswil, Mbaye, Santander, Krejci, forse pure Svanberg) non ha ancora capito se Skov Olsen è una stellina o un abbaglio e insomma - si barcamena tra nella terra del vorrei ma non posso, e anche potendo chissà se davvero lo voglio (per informazioni citofonare Saputo).